La crisi degli ultimi anni ha colpito duro tutte le categorie sociali, ma sono soprattutto i minori a farne le maggiori spese. L’indigenza minaccia il presente e il futuro di 1,1 milioni di piccoli italiani, cioè il 10% delle future generazioni. Save the children ci dice anche che negli ultimi 10 anni, dal 2005 al 2015, è triplicata la percentuale di famiglie con bambini che vivono in condizioni di povertà assoluta, passando dal 2,8 al 9,3%.
Il confronto europeo non ci conforta. Solo la Spagna fa peggio con una percentuale di minori a rischio povertà pari al 35,8, mentre l’Italia è al 32,1. Nel campione di 5 Paesi fotografato da Eurostat nel 2014, Germania, Francia e Olanda ci staccano di oltre dieci punti, rispettivamente al 19,6%, 21,6% e 17,1%.
La situazione di indigenza sembra essere collegata in parte al livello di scolarizzazione dei genitori. È soprattutto in Svezia che si assiste, nel periodo 2008-2014, alla variazione più consistente del rischio povertà per minori i cui genitori hanno al massimo la licenza media, +28,6. L’Italia è settima, dietro a Svezia, Danimarca, Spagna, Irlanda, Grecia e Belgio, con un incremento di 10,2 punti. Mentre in Germania e nel Regno Unito il dato è in calo.
Osservando nello specifico il caso italiano, la fascia più a rischio sembra essere quella a cavallo della maggiore età: il 36,1% di adolescenti tra i 16 e i 19 anni sono prossimi a una condizione di indigenza. Mentre la percentuale decresce con il diminuire dell’età, fino al minimo del 29,4% per i bambini tra gli 0 e i 5 anni.
Il problema, a livello normativo, resta l’estrema frammentarietà delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Ci sono ben otto ministeri (Lavoro, Economia, Interno, Giustizia, Salute, Infrastrutture, Istruzione e Sviluppo economico) che a vario titolo stanziano soldi per i minori. Ma procedono in ordine sparso e la mancanza di una cabina di regia fa sentire i suoi effetti.